Monster - by Alexs88

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  1. Jraya
     
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    Monster - by Alexs88


    Prima di leggere: Avviso fin da ora che la fic sarà TREMENDAMENTE SADICA! Non per niente ho messo come avviso “cruenta”! Ci saranno capitoli tranquilli ma anche altri veramente “orribili”. Un ultimo appunto, poi. Purtroppo per questa non posso garantire un aggiornamento regolare ma spero sul serio di riuscire ad essere abbastanza veloce!

    MONSTER – Chi avrebbe mai potuto accettare un mostro?


    Freddo.

    Faceva freddo.

    Stava congelando.

    Si guardò intorno, notando amareggiato che tutti i suoi “compagni di cella” stavano nella sua stessa condizione. Ovvio. Vivere in una situazione del genere di certo non giovava a nessuno
    di loro. Tutti quanti indossavano solamente un paio di pantaloni neri scoloriti. Niente scarpe, nessuna maglietta, e l’umidità presente nel posto rischiava di ucciderli. Penetrava nella loro
    pelle come una lama affilata, dilaniando il calore della carne per permettere ai brividi di correre liberi lungo la schiena.

    Tossì un paio di volte, iniziando a sentire i brividi farsi sempre più forti. Avrebbe voluto portarsi le mani sulle spalle, e frizionare un minimo la sua pelle per scaldarsi quel poco che era
    necessario, ma non poteva. Le catene che bloccavano i suoi polsi e lo mantenevano “inchiodato” al muro gli impedivano ogni tipo di movimento. A quelle manette era stato aggiunto un altro anello che fasciava il collo. Quell’affare era così dannatamente stretto che faticava come non mai a respirare.

    I colpi di tosse ritornarono, più forti dei precedenti. Sapeva bene cosa gli stava succedendo. Si stava ammalando, e questo non era un bene. Se avessero scoperto che gli stava venendo la febbre avrebbero finito con l’ucciderlo sicuramente. I suoi “venditori” erano stati molto chiari su questo fin dal principio: Ammalati e sei carne da macello, non possiamo vendere merce
    guasta.

    Questo era il loro modo di pensare, e non poteva far altro che star zitto, abbassare la testa, e sopportare.

    Ricordava sin troppo bene com’era finito in quella maledetta situazione.

    Era molto piccolo quando i suoi genitori morirono, lasciandolo da solo. Fu in grado di sopravvivere senza alcun aiuto per i primi tre anni, ma dovette passare questo tempo per lo più a nascondersi. La gente, in fondo, non lo vedeva di buon occhio. Le creature come lui erano considerate dei mostri, e venivano sempre scansare o peggio, uccise.

    Fu quando ebbe compiuto dieci anni che venne catturato da questi maledetti bastardi. Ricordava ancora quanto lottò per la libertà, rimediando, il più delle volte, pugni e calci di natura piuttosto forte.

    Da quel tremendo giorno passarono dodici anni, durante i quali gli venne insegnato come servire al meglio i possibili acquirenti. Imparò come chiamare i suoi padroni. Gli insegnarono ad appagare sessualmente sia uomini che donne senza, tuttavia, violare la sua verginità.
    Dicevano che se l’avessero stuprato avrebbe perso valore e i loro “insegnamenti” sarebbero stati tempo perso.

    Sogghignò tra sé, mentre cercava di trattenere altri colpi di tosse. Certo, aveva imparato tutto questo. Ma avevano dovuto faticare parecchio per renderlo abbastanza rispettoso, e tutt’ora poteva dire, con una certa soddisfazione, di aver mantenuto un lieve accenno di orgoglio.

    -Per quale motivo stai tossendo schiavo? Ti stai forse ammalando?-

    -Non sono un debole essere umano come te… sto tossendo per via di questo fottuto collare. È
    troppo stretto ed io, di conseguenza, non respiro bene.-

    Quell’accenno di orgoglio, tuttavia, usciva fuori sempre nei momenti meno opportuni. Sgranò gli occhi e gemette di dolore quando un calcio gli arrivò dritto sullo stomaco, togliendogli il
    respiro per qualche istante.

    Il suo primo istinto fu quello di portarsi le mani alla parte lesa, ma, ovviamente, dovette desistere per via di quelle maledette catene che lo tenevano bloccato. Boccheggiò un paio di volte prima di riprendere un poco il controllo del suo lieve respiro.

    -Hai dimenticato la regola principale, feccia? Portare rispetto alle guardie e agli acquirenti.-

    -Va… va a… va a farti fottere bastardo…-

    Si sentì afferrare violentemente per i capelli. Il carnefice si era abbassato alla sua altezza, rimanendo a pochi centimetri dal suo viso. Sentiva perfettamente il fiato del bastardo
    scontrarsi sulla sua pelle, nauseandolo per via del troppo odore di alcool che sentiva. Trattenne a stento l’impulso di vomitargli addosso.

    -L’hai voluto tu schifoso essere… per questo tuo atteggiamento riceverai venti scudisciate e guai a te se emetterai un solo grido. Per ogni suono che non sei autorizzato ad emettere saranno cinque frustate in più, sono stato chiaro? SHUYIN! KAZUMA!-

    -Muneyaki… che diavolo vuoi?- disse uno dei due uomini chiamati da quel bastardo.

    -Preparate il mostro per la punizione, a quanto pare non ha ancora imparato a portare il dovuto rispetto.-

    Vide i due uomini sbuffare ed accovacciarsi accanto a lui. Iniziarono a sciogliere le catene ai polsi solo per poterlo sollevare in piedi e girarlo con rabbia faccia al muro. Avrebbe potuto ribellarsi e cercare di fuggire, ma un gesto simile sarebbe significato, per lui, morte certa.

    Quando i due finirono di assicurarlo alla perfezione contro il muro il carnefice gli si avvicinò, carezzando quasi con sensualità la sua schiena ormai segnata da molte cicatrici.

    -Ricorda bene mostro… non voglio sentirti emettere un fiato, sono stato abbastanza chiaro?-

    Non rispose alla domanda della guardia che si allontanò da lui di qualche metro.

    Non passò molto tempo che subito il primo colpo di frusta entrò in contatto con la sua carne, facendolo sussultare e stringere gli occhi per il dolore. Kami, quanto bruciava…

    Sentiva dietro di lui gli sguardi divertiti di quelle maledette guardie. Mentre una contava le varie scudisciate l’altra suggeriva al carnefice di fare delle pause tra le frustate.

    “Altrimenti il vecchio dolore lenirà il nuovo” diceva.

    Maledetto bastardo.

    La decima scudisciata arrivò, e dovette usare tutta la sua forza di volontà per non emettere nemmeno un gemito di dolore. Si morse con rabbia il labbro inferiore, perforando con i suoi
    stessi denti la carne, cercando, in questo modo, di sviare il male da un’altra parte. Sentì delle gocce scendere lungo la schiena, ma non seppe definire se fossero sangue o sudore finché
    una delle guardie non parlò.

    -Siamo a malapena a dieci frustate e guarda come sanguina!-

    -Forse è per via del gatto a nove code!-

    Gatto a nove code!?

    Ora si spiegava tutto…quei maledetti bastardi. Ecco perché stava faticando più del solito a trattenersi, non stavano usando il solito scudiscio.

    -Ehi… perché non ricoprire questa bellissima frusta di pece?- (1)

    Quasi svenne sul posto. Avevano intenzione di ucciderlo per caso!?

    Già il suo corpo era indebolito da quel maledetto malore che stava lo stava minacciando, se poi ci mettevano come carico delle frustate con la pece avrebbe finito col rimanerci secco sul serio.

    I suoi pensieri vennero, tuttavia, interrotti da una nuova frustata. Di nuovo irrigidì ogni suo muscolo per cercare di non emettere alcun suono. Non appena l’arma si separò dalla sua
    pelle avvertì un bruciore incredibile sulla ferita, segno evidente che quel bastardo di carnefice aveva dato retta al suo amico, aggiungendo la pece per peggiorare la sua tortura.

    Le ultime frustate furono per lui letteralmente insopportabili. Si era letteralmente distrutto il labbro inferiore a forza di morderlo per cercare di non emettere il minimo fiato. Gemere o
    urlare sarebbe significato sopportare altre frustate, e lui non ne aveva assolutamente la forza.

    Quando l’ultimo colpo fu inferto alla sua pelle non riuscì a non collassare. Si lasciò cadere, rimanendo tuttavia “appeso” per via delle catene che ancora lo assicuravano al muro.

    Sentì i bastardi dietro di lui ridere divertiti e, ancora una volta, il mietitore si avvicinò a lui, afferrandogli i capelli e torcendogli dolorosamente la testa all’indietro.

    -Non osare mai più mancarmi di rispetto…mi hai capito bene razza di essere immondo?-

    -Ha…Hai…- (2)

    -Non ho sentito bene…ho parlato di rispetto…è così che mi rispetti, feccia!?-

    Quel maledetto bastardo, avrebbe dato un braccio per vederlo morto ai suoi piedi.

    Gemette di dolore quando il carnefice sbatté con rabbia la sua testa contro il muro, stordendolo lievemente. Digrignò i denti per il dolore. Non ce la faceva più. Voleva solo porre fine a quella tortura e riposarsi a dovere.

    -Allora!? Sto aspettando una risposta!-

    -Hai… M… Mu… Muneya… ki… sama…-

    -Molto bene…-

    Le catene che lo assicuravano al muro vennero sciolte e così fu libero di cadere a terra, proprio ai piedi del bastardo che fino a poco fa aveva goduto nel torturarlo fin quasi alla morte. Sentì un ultimo calcio del mietitore sul suo stomaco prima che questi si alzò e lo lasciò da solo, steso a terra, col suo dolore.

    Boccheggiò per cercare di riprendere un minimo di fiato, portando tremante le sue mani sull’anello metallico che era ancora fortemente assicurato sul suo collo. Dannazione. Era
    troppo stretto.

    -S… stai bene?-

    Alle sue orecchie arrivò debole la voce di un altro prigioniero che, essendo nella prigione accanto alla sua, aveva assistito, seppur involontariamente, alla sua tortura.

    -Sì… devo… devo solo riposare…-

    Socchiuse gli occhi, pronto a lasciarsi andare al dolce oblio quando un grido lo riportò per un
    attimo alla realtà.

    -SCHIAVI! AVVICINATEVI SUBITO ALLE GRATE!-

    Quelle parole. Sapeva bene cosa significavano.

    Acquirenti in arrivo.

    A lui, però, non importava.

    Ogni volta che un possibile acquirente passava davanti alla sua grata lo guardava con disgusto e lo schivava come la peste per via della sua natura. Per cui non si preoccupò neanche di
    avvicinarsi alle sbarre.

    Digrignò i denti, sibilando per il dolore. Maledizione. Quelle maledette ferite bruciavano come il fuoco. Ma la cosa che veramente gli bruciava era che non poteva fare assolutamente nulla per opporsi a quelle maledette sevizie. Avrebbe voluto con tutto il suo cuore uscire da questo maledetto posto schifoso, ma l’unico modo per farlo era essere “comprato”.

    -Haha-ue! Che ne dici di lui? Sembra così triste…-

    -No tesoro, non lo vedi che è un mostro? Potrebbe rivoltarsi contro di noi e ucciderci tutti, su, proseguiamo!-

    Ma chi avrebbe mai potuto prendere un mostro come lui?

    Con questi pensieri lasciò che la stanchezza lo trascinasse in un sonno tormentato da incubi.


    MONSTER – End of chapter 1


    NOTE/TRADUZIONI:

    (1) Precisiamo che state parlando con una ragazza che ha come libro preferito “Storia della Tortura” di George Riley Scott XDDD (Badate ho detto RILEY, non RIDLEY! U_U Ridley Scott è il regista del Gladiatore (e mi inchino anche a lui) non c’entra niente col libro). Comunque…se il gatto a nove code viene ricoperto di pece questa, entrando in contatto con la pelle, si “attacca”, con il risultato che, quando il carnefice tira via lo scudiscio, la carne viene letteralmente “strappata via”. Ed inoltre la pece moltiplica il dolore, infettando le ferite e quindi, di conseguenza, le fa bruciare tantissimo.

    (2) Hai: parola comune per dire “sì”
     
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